Notizia del 23 Aprile
Lunga intervista al Presidente Confartigianato del Veneto Bonomo: chiede che le aziende possano riaprire e chiede al governo e alle banche di fare la propria parte.

“Bisogna fare presto, se parte l’effetto domino dell’insolvenza, l’economia veneta e nazionale non si risolleverà più. Se non arriva nuova liquidità per i pagamenti entro il 30 aprile molte aziende non riapriranno.”
Riportiamo di seguito l’intervista dei quotidiani del gruppo Gedi al vicentino Agostino Bonomo, il presidente di Confartigianato Imprese Veneto, che chiede a governo e banche di fare la propria parte «altrimenti sarà una sciagura».
Presidente Bonomo, cosa la preoccupa maggiormente sotto l’aspetto economico?
«La mancanza di liquidità e come cambierà la nostra vita. Dovremmo imparare a convivere con il virus, la nostra vita lavorativa e sociale cambierà. Non si tornerà alla normalità, ma ad una “nuova” normalità. L’attenzione alla salute dovrà essere massima, ma le riaperture delle aziende dovranno avvenire entro il 4 maggio, altrimenti ci dobbiamo preparare ad un’ecatombe. Bisogna assolutamente riaprire, è impossibile aspettare un contagio vicino allo zero».
Quali settori dell’artigianato avranno più difficoltà a riprendersi?
«Sicuramente la manifattura legata alla filiera della moda, che vede messa a rischio l’intera stagione estiva. La produzione con i negozi chiusi non può essere venduta, gli ordini sono dimezzati o annullati, o peggio non verranno pagati. Tutto il settore del turismo ha grandissime difficoltà. Non dimentichiamo l’autotrasporto di persone, ma anche la logistica, che oggi lavora al 30% delle possibilità».
Come valuta il piano del governo sulla liquidità?
«Il Decreto liquidità è stato annunciato, ma alle imprese non è arrivato ancora un centesimo. La spada di Damode è la riunione a Bruxelles del 23 aprile, fino ad allora tutto è bloccato. Temo che se anche arrivasse il via libera, per il 30 aprile sarà molto difficile avere liquidità in conto per saldare le fatture di fine mese. È un problema rilevante, che potrebbe intaccare anche aziende che vanno bene. Da soli non ce la faremo e per alcune categorie ci dovrà essere anche un aiuto a fondo perduto».
Cosa non funziona nel piano del governo?
«Abbiamo chiesto la copertura totale da parte dello Stato per aiutare le imprese. Invece è stata inserita la quota del 10% in capo alle banche, che le costringe all’istruttoria. Fare l’istruttoria comporta 10 giorni di tempo, si potevano evitare».
Le banche stanno facendo la loro parte?
«Leggo che gli istituti di credito stanno lavorando a ritmo ridotto, quando invece dovrebbero lavorare il doppio in questo periodo. Non capisco. Il personale della nostra associazione lavora anche sabato e domenica per rispondere alle richieste dei nostri associati».
Come valuta quanto fatto dalla Regione del Veneto durante l’emergenza coronavirus?
«È stato fatto tutto quello che doveva essere fatto. Adesso stiamo sollecitando Zaia e l’assessore Marcato affinché la Regione faccia la propria parte con i fondi di rotazione, in gestione a Veneto Sviluppo. Avevano il compito originario di abbattere il costo del denaro, oggi non c’è quell’emergenza. Si tratta di svariati milioni di euro, che potrebbero essere utilizzati per iniezione di liquidità con strumenti a leva, dando la possibilità ai consorzi fidi di erogare direttamente».
Quale piano adotterete per la sicurezza in azienda?
«Le nostre imprese artigiane hanno 4,5 dipendenti medi, per il 60% appartengono alla stessa famiglia, moltissime non hanno dipendenti. Non vedo grandi difficoltà per il mondo artigiano, ad esclusione del settore edilizia per il quale abbiamo elaborato un apposito piano con Ca’ Foscari.
Molti nostri imprenditori si sono già dotati delle mascherine. I punti deboli delle aziende, come sottolinea lo Spisal, sono le zone di aggregazione: macchinette caffè, sale mensa e spogliatoi. Siamo pronti ad intervenire limitando l’accesso ad uno per volta negli spogliatoi e chiudendo le macchinette del caffè. Poche realtà in Veneto hanno una mensa propria, ma si potrà fare a turno. Limiteremo l’accesso ai clienti e fornitori. Per gli esami sierologici per i lavoratori chiediamo siano a carico del sistema sanitario nazionale».
Gli artigiani come stanno vivendo l’emergenza?
«Nonostante le grosse difficoltà che stiamo affrontando, molti artigiani si stanno già riorganizzando, monitorando il cambio di consumi dei consumatori per sfruttare maggiormente il mercato interno una volta ripartiti. Altri punteranno sull’e-commerce. Percepisco una gran voglia di tornare a lavorare»